Un nuovo prodotto è in arrivo a Casa Toso, uno Champagne, che porterà nuovo interesse a favore dell’azienda di Cossano Belbo e ne confermerà la spiccata vocazione per la produzione di spumanti. Sarà lo Champagne Cattier, una Maison prestigiosa con sede a Chigny Les Roses, una ventina di chilometri dalla città di Reims, capitale della prestigiosa regione francese dei “vins mousseux”. La notizia permette un significativo collegamento con il “tourniquet”, un attrezzo - di origine Champagne - presente da tempo nelle sale dell’Enomuseo Toso, a Cossano Belbo.
La vicenda dello spumante qui ha uno spazio speciale, con il racconto della produzione nei decenni passati, quando la manualità era protagonista assoluta. In fondo alla prima sala del Museo, dopo il “tavolo dell’erborista”, c’è la sequenza delle attrezzature che le case spumantistiche usavano per compiere il ciclo produttivo dello spumante. Le bottiglie – che di solito venivano riutilizzate - erano lavate e messe a scolare su apposite rastrelliere. Al momento giusto, iniziava il procedimento con l’imbottigliamento del vino base spumante preparato per la rifermentazione. Prima della seconda guerra mondiale, la chiusura si faceva con il tappo di sughero ancorato da una sorta di “graffetta” posizionata a cavallo del tappo. Dopo la guerra, per un certo periodo, la chiusura di fermentazione veniva garantita da due tappi: il tappo “bidule”, in materiale plastico e subito a contatto con il vino, finalizzato a raccogliere il deposito dovuto alla rifermentazione e il tappo corona, con la funzione di ancorare la chiusura alla bottiglia. Ma la parte più affascinante era la sboccatura o dégorgement per dirla alla francese. Quando il vino aveva terminato la rifermentazione, il passaggio sulla pupitre consentiva di portare i sedimenti in punta alla bottiglia. Per eliminare il sedimento si procedeva in due modi: con il congelamento del collo della bottiglia oppure “alla volée”, vale a dire senza l’utilizzazione di alcun intervento di congelamento. Nel caso della volée, la bottiglia veniva orientata in diagonale dal basso all’alto verso una mezza botte di legno che doveva fermare il tappo espulso dalla pressione interna alla bottiglia. Liberato dell’ancoraggio della gabbietta, il tappo partiva e, a questo punto, la bottiglia veniva in fretta posta sul “tourniquet” (girandola), un attrezzo a beccucci che oggi ricorderebbe una riempitrice rotante.
L’uso del “tourniquet” era strategico: stabilizzava la spuma e impediva la fuoriuscita di vino dalla bottiglia. Tutto ciò avveniva con grande rapidità e molta destrezza da parte dell’operatore. A questo punto, si rabboccava la bottiglia. In origine, questo era fatto con il medesimo vino prelevato da altre bottiglie appartenenti alla stessa partita. Solo in tempi successivi si è passati alla “liqueur d’expédition”, una miscela di vino e altre bevande capace di meglio caratterizzare lo stile della Casa. La chiusura della bottiglia con sughero a fungo e l’applicazione della gabbietta completavano anche allora le operazione. Le bottiglie finivano nei gabbioni per l’affinamento, almeno tre mesi prima di applicare l’etichetta e avviare la bottiglia al mercato. Come si può constatare, il meccanismo non è diverso dall’attuale: ciò oggi che è cambiato è il supporto della tecnologia, che ha reso più facile e meno onerosa questa attività.
La presenza di tutto questo percorso produttivo nell’Enomuseo Toso è un modo concreto per ricordare a tutti da dove siamo partiti e quali risultati sono stati ottenuti.