All’assemblea generale dei sindaci della Provincia, si è votato per scegliere il futuro schema di affidamento e modello gestionale del ciclo idrico integrato per i prossimi 30 anni. Una settantina di sindaci del territorio Albese e Braidese, delle Langhe, dell’Alta Langae del Roero, ma anche un numero significativo di sindaci del fossanese, saviglianese, saluzzese e monregalese, in vista del voto si sono riuniti sabato 24 marzo a Barolo per approfondire le tematiche: dall’incontro sono chiaramente emersi molti concetti condivisi e la volontà -poi espressa in sede di voto - di non approvare il modello estremo di gestione totalmente pubblica, ma di orientarsi verso un modello intermedio di gestione misto pubblico-privato, con capitale prevalente pubblico.
Preliminarmente, in assemblea molti sindaci, citando il motto di Luigi Einaudi, “conoscere per deliberare”, si sono lamentati di non aver ricevuto, nonostante le ripetute richieste all’Autorità d’Ambito, informazioni e dati certi, cioè quegli elementi di giudizio e valutazione necessari a effettuare una scelta informata e consapevole. Ciò premesso, hanno poi argomentato la propria scelta come segue.
È fuor di dubbio che l’acqua sia un bene naturale e poterne fruire sia un diritto umano universale, che deve rimanere saldamente tutelato dal Pubblico, evitando mercificazioni e speculazioni. La gestione del bene acqua deve, tuttavia, essere basata - come prevede la legge - su criteri di efficienza, efficacia ed economicità, tali da garantire ai nostri cittadini e alle nostre aziende il miglior servizio alle tariffe più basse possibili.
Le società di gestione miste pubblico-privato, con capitale privato non prevalente, nel nostro territorio hanno sempre dimostrato di essere la soluzione migliore, hanno sempre funzionato bene, garantendo da un lato il pieno controllo pubblico sul servizio idrico e dall’altro i livelli di efficienza e qualità del servizio raggiunti dal privato; hanno sempre garantito a cittadini e aziende un ottimo servizio con tariffe più basse della media.
Nella Langa e nel Roero, come anche in altre aree della provincia, le società miste storicamente sono andate ben oltre i tradizionali servizi di rete e hanno contribuito in modo significativo allo sviluppo del territorio, permeando anche altri settori, come quello turistico. Questo modello virtuoso è stato addirittura preso ad esempio dalla Regione Piemonte, che l’ha poi esteso a tutti.
Non ci sono dubbi che il modello totalmente pubblico possa funzionare con soddisfazione dov’è attuato con adeguata attenzione, come per esempio a Cuneo, ma è profondamente sbagliato e iniquo cercare di imporlo su tutta la provincia, ignorando la storia dei nostri territori e considerando anche che la scelta del modello totalmente pubblico comporta la de-strutturazione dei soggetti privati e delle società miste: si distrugge cioè un sistema che funziona per fare un salto nel buio, senza alcuna garanzia. La prudenza che deve caratterizzare le scelte di un sindaco non lo permette. La liquidazione del sistema esistente che funziona e la menzione al suo posto di un nuovo sistema totalmente pubblico in house providing, che impegna i Comuni con le loro risorse e i loro bilanci, rappresenta una scelta al buio anche, perché sono sopravvenute le nuove norme (art. 1, c. 516-525 Legge 205/2017) che prevedono l’emanazione imminente di un Piano Nazionale d’interventi nel settore idrico e di nuovi atti regolatori della AEEGSI (oggi ARERA), i quali certamente muteranno i presupposti sui quali si regge l’attuale Piano d’Ambito Cuneese.
Il piano economico-finanziario, parte integrante del Piano d’Ambito Cuneese approvato lo scorso 8 marzo, non convince per niente: gli scenari ipotizzati funzionano solo in teoria, ma sulla reale applicabilità ci sono moltissimi dubbi, incertezze e, considerando che si partirebbe con un indebitamento di 115 milioni di euro, destano grande preoccupazione.
Il modello totalmente pubblico in house providing comporta anche pesanti implicazioni patrimoniali a carico dei Comuni, che devono accantonare risorse per garantire gli investimenti del gestore (art. 3bis c.1bis del D.L. 138/2011), sottraendole quindi alle disponibilità per gli investimenti comunali. Tale vincolo non si applica invece nel caso di società mista, anche se il capitale pubblico è maggioritario. Non solo, in caso di perdite d’esercizio del gestore, i Comuni sono tenuti a ripianare le perdite. Un esempio in tal senso è rappresentato dall’attualissima vicenda di Rivieracqua, gestore in house providing totalmente pubblico della provincia di Imperia.
Per tutte queste ragioni e per continuare a garantire il livello di efficienza e di qualità del servizio costruito in trent’anni, con le competitive tariffe sempre applicate, i sindaci di sessanta Comuni (corrispondenti a circa 1/3 dei votanti) hanno espresso un voto contrario al modello di gestione totalmente pubblica in house providing, ed hanno anche espresso l’auspicio che i Presidenti di A.T.O. e Provincia si attivino ulteriormente, per cercare una soluzione condivisa, che possa contemperare le diverse esigenze del territorio provinciale, nell’esclusivo interesse di cittadini e imprese.