Nessun sequestro di vini contraffatti a Santo Stefano Belbo e a Canelli
(Lettera dei sindaci di S. Stefano Belbo e Canelli)
Su alcune edizioni cartacee/telematiche di quotidiani e altri periodici,nonché sulla pagine Facebook di alcune redazioni giornalistiche, sono recentemente apparsi articoli in cui viene riferito di sequestri di Moscato d’Asti contraffatto, sequestri che sarebbero stati eseguiti dalla Guardia di Finanza di Nizza Monferrato “presso aziende di Canelli e Santo Stefano Belbo” ovvero “nel territorio di detti comuni”,“nel distretto industriale Canelli- Santo Stefano Belbo” ovvero - ancora - “nell’astigiano e nel cuneese”, a seconda delle interpretazioni dell’autore.
La verità è che la filiera produttiva vitivinicola dei territori facenti capo ai comuni di Santo Stefano Belbo e Canelli è totalmente estranea alla vicenda confusamente rievocata negli articoli pubblicati, vicenda che - da quanto ci risulta e da quanto traspare tra le righe degli stessi articoli - pare invece riconducibile all’isolata condotta di un’azienda sita altrove.
Avremmo apprezzato maggiore sensibilità e prudenza da parte degli editorialisti, ma tali atteggiamenti sembrano essere stati sacrificati sull’altare del sensazionalismo a tutti i costi.
Ci chiediamo allora - ma è ovviamente domanda retorica la nostra - quali sono le ragioni che hanno indotto gli autori degli editoriali a “spostare” i fatti nel canellese e nel santostefanese. Le domande che vorremmo porre a chi si trincera dietro articoli anonimi sono anche altre. Ad esempio, se non fosse stato opportuno accertarsi sulla realtà dei fatti, per indicare chiaramente il nominativo dell’azienda coinvolta nella frode e non invece diffondere notizie che per la loro genericità e superficialità possono avere (ed hanno puntualmente avuto) ricadute a pioggia sul settore vitivinicolo locale.
Se le redazioni coinvolte nella disaccorta diffusione delle notizie sulla frode “del vino moldavo” si fossero fatte scrupolo di chiedere lumi all’amministrazione comunale di Santo Stefano Belbo o di Canelli avrebbero avuto non solo l’immediata smentita dei sospetti avanzati negli editoriali in questione, ma avrebbero avuto modo di conoscere (e magari di diffondere) le iniziative che le amministrazioni portano avanti in collaborazione con tutti i settori della filiera vitivinicola della zona, nonché con professionisti e aziende del settore.
In tal senso evidenziamo la nascita dell’OPIV (Osservatorio sulla Proprietà Industriale e Intellettuale nel settore vitivinicolo e delle tecnologie eno-alimentari)che è stato presentato alla stampa nei primi giorni di maggio, proprio nella storica sede della Fondazione Cesare Pavese, emblema della centralità anche culturale e sociale della filiera vitivinicola per il nostro territorio.
Tutto ciò in una situazione congiunturale di estrema delicatezza per il settore, tra iniziative della Società Garante per la Concorrenza e il Mercato sugli accordi delle Commissioni Paritetiche, l’imminente approvazione del Testo Unico della Vite e del Vino, indiscrezioni sui negoziati per il TTIP e sulle loro ripercussioni sulla tutela delle indicazioni geografiche dei vini.